martedì 17 giugno 2014

Fiutando metano su altri mondi

L'atmosfera di un esopianeta illuminata dalla stella del sistema di appartenenza nel rendering di un illustratore. Crediti: ESA.

I ricercatori dello University College di Londra hanno sviluppato un nuovo spettro di assorbimento del metano, 2.000 volte più completo e in grado di rilevare la molecola a temperature altissime: potrebbe essere lo strumento giusto per trovare la vita su altri mondi.

C’è odore di gas. Diciamo allarmati quando il nostro naso intercetta il caratteristico odore agliaceo di metano nella nostra cucina. Controlliamo le manopole dei fornelli. Apriamo le finestre. Forse non tutti sanno però che la ‘puzza’ che sentiamo in questi frangenti non ha niente a che fare con la molecola CH4. Quello che annusiamo è l’odorizzante, un profumo chimico che dal 1971 viene aggiunto per legge a sostanze inodori come il metano per renderle immediatamente riconoscibili e, soprattutto, individuabili. Non si scherza col fuoco.

Ma che dire se il metano è anche la molecola organica, considerata uno dei mattoni della vita, che potrebbe essere risolutiva per trovare la vita oltre la Terra, nell'Universo che ci circonda? Bisogna avere naso. E naso fino per riconoscere il profumo di vita su altri mondi.

Gli astronomi hanno però un nuovo e potente strumento per fiutare metano su questi pianetialieni. Utilizzando alcuni dei super-computer più avanzati nel Regno Unito, forniti dal progetto Distributed Research Utilizing Advanced Computing (DiRAC) della Cambridge University, un team di scienziati ha sviluppato un nuovo spettro di assorbimento del metano: 2.000 volte più completo rispetto ai modelli precedenti e in grado di rilevare la molecola a temperature altissime, fino a 1.220 gradi Celsius.

“Stavamo aspettando questo studio da dieci o vent'anni”, ha commentato a caldo Sara Seager del Massachusetts Institute of Technology e astrofisica esperta in esopianeti. “Ogni molecola assorbe la luce in maniera diversa. È così che gli astronomi, osservando come l’atmosfera di un pianeta extrasolare assorbe la luce della sua stella, possono identificare di quali molecole siano composte le atmosfere di questi mondi alieni. Prima di oggi, però, nessuno si era preso la briga di calcolare nel dettaglio come le molecole di metano assorbano la luce a temperature così elevate”.

I nuovi calcoli – pubblicati dal team di ricerca guidato da Sergei Yurchenko, ricercatore in fisica e astronomia dello University College di Londra, negli Atti della National Academy of Sciences – hanno portato in elenco quasi 10 miliardi di linee spettroscopiche, ognuna delle quali rappresenta un colore diverso in cui il metano è in grado di assorbire la luce.

È convinzione dei ricercatori che il nuovo modello potrebbe dare agli astronomi un quadro più completo dell’abbondanza di metano su nane brune e pianeti extrasolari. Yurchenko e colleghi hanno scoperto, per esempio, che un esopianeta a 63 anni luce di distanza dalla Terra e già oggetto di molti studi – la sua sigla è HD 189733b – potrebbe avere anche venti volte più metano di quanto si credesse. Certo il metano è solo uno degli elementi che compongono l’atmosfera infernale di questo lontano pianeta dove la temperatura sale tranquillamente sopra i 900 gradi durante il giorno e la pioggia scende in forma di vetro fuso, ma quel che conta è disporre di un dato più preciso, che prima era ignorato.

Il metano può essere risultato di fonti geologiche, ma non è escluso che possa anche essere un segno di attività biologica. Trovare metano nell'atmosfera di un pianeta può quindi essere un segnale potenziale di vita.

“Non credo che gli astronomi troveranno mai la vita su un pianeta ostile come HD 189733b, vero è che con le tecnologie attuali gli scienziati sono spesso bloccati riguardo i mondi caldi”, spiega Yurchenko. I pianeti gioviani caldi sono relativamente facili da individuare, perché sono giganti dall'orbita stretta e bloccano gran parte della luce passando davanti alla stella madre. “Se fin da ora impariamo qualcosa su questi oggetti che possiamo osservare facilmente, allora forse possiamo farci un’idea migliore degli oggetti che ancora si nascondo ai nostri occhi”, conclude Yurchenko.

L’Exoplanet Characterization Observatory di ESA e il James Webb Space Telescope NASA potranno certo dirci qualcosa di più su questi mondi lontani. Nell’attesa vale la pena di restare a fiutare l’aria come la Cleopatra di Pascal: se il suo naso fosse stato più corto, tutta la faccia della terra sarebbe cambiata.
di Davide Coero Borga

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